Da un anno la crisi provocata dall'emergenza Covid-19 ha costretto a ridurre l'attività lavorativa in molti dei settori strategici per la nostra economia.
Come hanno fatto le aziende a far fronte a questo calo di lavoro?
Dal 23 febbraio 2020 ci si è dovuti muovere in un labirinto di decreti e ordinanze che hanno stabilito, per ciascun ammortizzatore sociale, tempi e numero massimo di settimane fruibili, circoscritti comunque da paletti bene determinati.
Tante aziende hanno dovuto ricorrere, loro malgrado, agli ammortizzatori sociali per i loro dipendenti, sia per la riduzione del lavoro, sia, nel caso estremo, per la sospensione totale dell'attività.
Ma gli aiuti legati gli ammortizzator i Covid sono stati sufficienti e tempestivi?
La risposta, nostro malgrado è un no. Molte aziende si sono ritrovate con esubero di personale senza poter licenziare, dovendo quindi continuare a sostenere un costo, non solo per tutti gli istituti contrattuali legati al rapporto di lavoro, ma anche i costi amministrativi legati all'elaborazione dei prospetti paga e le pratiche di accesso agli ammortizzatori sociali.
Tra le misure che sono state emanate per far fronte all'emergenza epidemiologica Covid-19, e che hanno fatto più discutere, c'è sicuramente l'introduzione del divieto di licenziamento individuale e collettivo.
Al fine di preservare i posti di lavoro, infatti, il Decreto Cura Italia prima e il Decreto Ristori poi hanno imposto il divieto di procedere con i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo fino al 31 gennaio 2021.
La Legge di Bilancio 2021 ha successivamente prorogato fino al 31 marzo 2021 il divieto di licenziamento, prevedendo di pari passo la possibilità di fruire di 12 nuove settimane di "cassa integrazione".
Cosa significa licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO)?
Quando il recesso è legato a ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento dell'attività siamo davanti al licenziamento per GMO.
Le scelte imprenditoriali possono essere di carattere economico o tecnico-produttivo (aumento dell'efficienza del lavoro attraverso l'introduzione di innovazioni produttive). Si considera giustificato motivo oggettivo anche il licenziamento per sopravvenuta infermità del lavoratore per ragioni che non dipendono dal lavoro che svolge e comporta una inidoneità (anche parziale) a svolgere le mansioni assegnate.
Licenziare per giustificato motivo oggettivo non significa che in azienda ci sia un andamento economico negativo, infatti, secondo una giurisprudenza ormai consolidata è legittimo il licenziamento che abbia come obiettivo il raggiungimento di un maggior profitto per l'impresa. Si può sopprimere una determinata posizione lavorativa al solo fine di ottenere una migliore efficienza gestionale e un incremento della redditività d'impresa.
In quali casi è legittimo procedere comunque con il licenziamento durante il per iodo emergenziale?
Il datore può legittimamente procedere con i licenziamenti in alcuni casi specifici e circoscritti:
- licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attività, con messa in liquidazione della società senza alcuna continuazione, anche parziale, dell'attività;
- nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono all'accordo e a cui viene riconosciuto il diritto a percepire la disoccupazione (Naspi);
- licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa, o ne sia disposta la cessazione.
Paradossalmente se un'azienda si trova a dover chiudere il punto vendita, ma il titolare non chiudesse la partita iva, non si potrebbe procedere con il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
In un caso simile si è espresso il Tribunale di Mantova con la sentenza 112/2020. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è stato dichiarato nullo in quanto ritenuto in violazione del divieto di licenziamento introdotto in pendenza dell'emergenza
epidemiologica da Covid -19.
La lavoratrice è stata reintegrata nel posto di lavoro e le è stata riconosciuta un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione.
Si può licenziare se vengono violate le norme disciplinari?
Il datore di lavoro può sempre procedere al licenziamento per motivi disciplinari che ledano il vincolo fiduciario: il licenziamento per giusta causa o licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
La giusta causa si sostanzia in un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro può recedere senza dare il preavviso.
Il giustificato motivo soggettivo consiste invece in un inadempimento degli obblighi contrattuali non così grave da rendere impossibile la prosecuzione provvisoria del rapporto e pertanto il datore di lavoro deve dare il preavviso.